Festival Folio 2016 #2. La Rivoluzione secondo Bernardo Carvalho e Alexandra Lucas Coelho
09/10/2016 blog

di Consuelo Peruzzo

Il Festival letterario Folio 2016 si è concluso domenica a Óbidos, una deliziosa città portoghese circondata da mura medievali e famosa per la ginja, un liquore all’amarena servito in una tazzina di cioccolato. La storia di come la città della ginja è diventata anche la “città del libro”, per via di un libraio sovversivo che è convinto come noi che i libri sono dei #pontiostinati , l’ha già raccontata il blog Sosteniamo Pereira e vi rimandiamo a questo link se volete scoprirla. Su Caffè Orchidea pubblichiamo invece gli articoli di due nostri collaboratori, Luca Onesti e Consuelo Peruzzo, che hanno seguito il Festival dal 22 settembre al 2 ottobre e ci propongono spunti e riflessioni su qualcuno dei tanti eventi che hanno seguito.

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Il secondo giorno del festival prevede, al tavolo della prima conferenza, lo scrittore brasiliano Bernardo Carvalho e la scrittrice e giornalista portoghese Alexandra Lucas Coelho. Il dibattito fra queste due forti personalità desta sicuramente curiosità. Bernardo Carvalho, fra l’altro, ha una scrittura appassionante ed è, a mio avviso, uno dei migliori scrittori brasiliani attuali.

La parola-chiave di questo dibattito è Rivoluzione. Quale significato assume tale parola per entrambi? Per Bernardo Carvalho il termine ha sempre avuto un’accezione positiva e forti connotati soprattutto estetici; ma quanto avvenuto ultimamente in Brasile ha fatto perdere ai suoi occhi tale valenza e la parola Rivoluzione finisce ormai per suscitargli per lo più sensazioni negative. Le conseguenze di un atto positivo sembrano essere addirittura peggiori dello stato iniziale. Nel Brasile attuale ci sono molte persone a pensare cose positive, che però restano appunto dei pensieri, del tutto innocui nella loro inefficacia.

Alexandra Lucas Coelho, che ha vissuto per molti anni a Rio de Janeiro, tenta subito di stabilire un parallelismo tra la sua esperienza brasiliana e quella che ha vissuto nel mondo arabo. Nel febbraio del 2011, infatti, nel pieno della Primavera Araba, la scrittrice si trovava al Cairo, in piazza Tahrir, tra i giovani manifestanti che stavano cercando di creare un nuovo assetto in una società soggetta per anni a una forte repressione. I giovani presenti in piazza, organizzando gli eventi, avevano un modello e un punto di riferimento proprio in Lula da Silva: il presidente brasiliano con il suo operato faceva loro sperare e credere in una rivoluzione possibile, in un cambiamento concreto. La Coelho stessa affermò allora che tale rivoluzione, in Egitto e negli altri paesi arabi, non poteva sussistere che per pochi giorni. Eppure lei nota una forte analogia con il Brasile contemporaneo: anche in quel paese, infatti, ci sono a suo avviso sempre più persone che stanno prendendo voce, esiste una nuova generazione che vuole farsi sentire dopo che per anni è stata messa a tacere; è una voce periferica che sta crescendo.

Si passa a parlare di un diverso significato della parola-chiave: che cosa ha comportato la rivoluzione tecnologica? Per entrambi gli scrittori Internet rappresenta una cosa negativa e la giornalista lo definisce la peggior “cassa del demonio”. Tutti possono giudicare e dire ciò che pensano, senza assumersi responsabilità, senza andare incontro alle conseguenze, senza guardare negli occhi le persone. Carvalho definisce Internet uno specchio ed evidenzia il suo lato narcisistico: «io rifiuto tutto ciò che mi rifiuta o mi critica».

Anche la relazione tra la letteratura e Internet risulta essere molto confusa, proprio a causa della libera circolazione di idee e di pensieri. Prima i critici facevano critica pensata con suggerimenti utili, mentre ora si giudica tutto per gusto personale; gli autori finiscono per essere vittime di una sorta di populismo, per cui tutto è giudicato secondo i propri gusti e senza una base costruttiva. Non si dà più importanza al dibattito sul testo, ciò che è importante è collocare il proprio commento, banale o no che sia.

Nel dibattito su Internet particolare importanza assume lo strumento dei like. Bernando Carvalho li definisce perversione: si comincia col guardare quanti mi piace si ricevono e non si smette più di contarli, giungendo a una specie di ossessione compulsiva e finendo per scrivere con lo scopo di ottenerne il maggior numero. Alexandra Lucas Coelho condivide, e sottolinea come si venga in tal modo a creare un meccanismo contorto e in fondo nocivo: è infatti difficile scrivere qualcosa contro ciò che ha ottenuto così tanti mi piace, perché significherebbe opporsi a un’anonima maggioranza che ha sanzionato un successo; ciò però ostacola l’esercizio di un libero senso critico.

*Si ringrazia Vanessa Marques per la fotografia.

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