L’inferno dietro la fabbrica: storie di cristiani e musulmani nella Pianura Padana.
26/10/2016 blog

di Giuseppe Avigliano

La letteratura abita negli esordi, quelli buoni, che capitano poche volte: una – forse due – per ogni lustro. È il caso de La notte dei petali bianchi, un romanzo del 2011, che col passo lento dei grandi libri continua a far parlare di sé. Quanta editoria, nel tempo che è trascorso dalla pubblicazione di questo romanzo ad oggi, ha consumato esordi, secondi libri ed epitaffi di novelli – e già ex – scrittori? Il libro di Gianfranco Di Fiore, al contrario, ragiona col tempo – con l’attualità di ieri e di oggi –, ne contempla le faglie ed indugia nelle penombre.

Dante, che di lavoro fa la guardia giurata e gira nella provincia bresciana ogni notte per assicurarsi che tutto vada bene, è lui stesso un’ombra. Il suo mestiere gli impone di nascondersi e sorvegliare. E come spesso accade, il lavoro finisce per espandersi, come un cancro, fino alle cose della vita privata. Anche lì, Dante è costretto a nascondersi: perché se il padre delle sua fidanzata lo scoprisse, probabilmente non esiterebbe a sparargli dietro. Ma la sua condanna non si limita alla sfera sentimentale. Dante ha subìto fin dai primi anni l’imponente, delirante, figura del padre. Impossibilitato a fuggire i suoi abusi, ha imparato a nascondersi in un posto dentro sé stesso, dove  poter raggiungere l’astrazione totale dalle mura familiari, dalla provincia padana, dal mondo intero.

Samira, la sua fidanzata, è figlia di immigrati. È musulmana e il padre ed il fratello non accettano in alcun modo che possa concedersi a un cristiano. Vive la relazione sentimentale senza alcun trasporto emozionale, si concede come una sposa servizievole e contempla nel compagno un signore a cui obbedire. La sua condizione di non appartenenza alla famiglia, chiusa in una bieca ortodossia religiosa, e al compagno, allo stesso modo, figlio di una cultura lontana, legata a lui solo per una disperata solitudine, le impone un distacco mistico, proprio di una Madonna.

La madre di Dante, una donna sola, che dopo la morte del marito si inerpica in storie di sesso occasionale e sperimentazioni di creme estetiche, chiude il triangolo dei personaggi principali, attorno ai quali si muove tutta una umanità periferica e a-storica, sommersa nella nebbia padana. Una realtà infernale, che vive a ridosso delle grandi fabbriche del nostro Paese e che non era mai stata raccontata come in questo libro.

La trama si smuove quando Dante incappa nella pianificazione di un miserabile attacco terroristico. È in questo momento che la Storia entra nel romanzo, e si impone in tutta la sua tragicità. Le barbarie antiche si ripetono, proprio come ai tempi dei Crociati, con la stessa disperata ideologia, carica di sovrastrutture imponenti che cavalcano disperazione e ignoranza. Le pagine in cui si raccontano la formazione dei martiri, la visione dei filmati in cui si mostrano gli attentati compiuti, i cadaveri, il sangue, inchiodano alla pagina la frattura insanabile del male. Ne diamo un piccolo saggio, nel racconto del protagonista:

Il primo video mostrato da Rashim riguarda l’attentato a Papa Wojtyla del 1981. Sono seduto al centro della stanza e sudo, gocce salate colano dalle tempie e finiscono tra i peli robusti della barba. Le immagini scorrono e nessuno commenta, sullo schermo compaiono scritte in arabo di cui non conosco il significato. Mi chiedo che bisogno c’è di stare qui a guardare un uomo mentre viene sparato: una, due, venti volte. […] Dopo il video dello sparo al Papa è la volta dell’attentato a Madrid: 11 Marzo 2004. […] Da sempre penso che da noi al nord, in provincia, non potranno mai arrivare bombe né morti ammazzati; c’è troppo abbandono in campagna e nessuno ha voglia di impegnarsi a morire.

L’allontanamento di Samira, l’incontro con il maestro musulmano, l’incesto, le notti a girare nel vuoto, l’adrenalina di una bomba che potrebbe uccidere e cambiare il corso della Storia sovvertono la quotidianità di Dante, mentre la madre avanza in una disastrosa discesa verso la vecchiaia e la provincia padana – quel marchio di benessere e produttività, simbolo di una intera nazione, – resta sempre uguale a sé stessa, nel suo grigiore immobile e metafisico.

La fabbrica, come ultima conquista per una affermazione sociale, sta lì a pochi passi, a demarcare il confine fra la vita e l’inferno.

No, non avvicinatevi a questo libro credendo di inseguire le bizzarrie narrative di un esordiente. Fra queste pagine, nei dialoghi, fra le virgole, si muove lo spirito dei grandi romanzieri americani, la fermezza degli scrittori maturi e l’incisività di chi conosce il mondo.

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