Storia della Fenomenologia. Da Edmund Husserl a Edith Stein (Parte 2)
09/09/2015 blog

di Amelia Ippolito

Husserl già nelle pagine del primo volume delle Idee stabilisce i punti d’avvio della ricerca della stessa Stein e cioè, come l’io non è e non potrà mai essere impersonale, coscienza senza corpo, bensì centro sensibile: il soggetto corporeo è un’attività mobile.

L’io privo di corporeità è una pura astrazione, è solo un puro esercizio della riflessione, poiché la stessa nozione di io resta per Husserl inseparabile da quella di “corpo” che diventa così l’a priori, la realtà autenticamente trascendentale e il filo conduttore di Idee I .

Il confronto con Kant, allora, è inevitabile anche per la Stein, perché lo stesso trascendentalismo kantiano convince poco gli assistenti di Husserl e l’intento resta quello di risanare la frattura tra soggetto e oggetto. La soluzione posta dalla Critica alla ragione pura, infatti, portava solo verso una direzione: modellare il soggetto sull’oggetto e il problema di Kant non è mostrare come si formi per noi un mondo a partire dall’esperienza che ne abbiamo, ma è invece quello di indicare quali siano le categorie a priori che debbono essere presupposte nell’intelletto e applicate all’esperienza e questo perché sia possibile una conoscenza obiettiva, che non è mai oggetto di discussione. Per Husserl, per la Stein viceversa, l’empirismo si dispone su un terreno fertile dove è centrale l’intento di chiarire i nostri concetti muovendo piuttosto da una descrizione di forme e modi dell’esperienza soggettiva.[1]

In più, l’Intreccio di logica e psicologia, in Idee I è necessario per un approccio alla fenomenologia, perché entrambe queste scienze si occupano delle dinamiche del pensiero, ma se la psicologia resta impigliata nella visione naturale, nella condizione di naturalismo, se non si spinge verso la riduzione eidetica, è destinata ad assumere come sua condizione quell’atteggiamento tanto criticato da Husserl che pensa la natura stessa come unità dell’essere spazio-temporale e quindi, retto dalle leggi stesse del meccanicismo causale, proiettando questa idea della natura anche sulla coscienza, con la conseguente naturalizzazione di quest’ultima e adottando così i presupposti e il metodo dell’obiettivismo scientifico ( ricordiamo la polemica con il positivismo condotta da Husserl e dalla stessa Stein in Psicologia e scienze dello spirito. )

Husserl  lamenta, nella sua opera, ma anche nelle Ricerche logiche[2], l’inversione del rapporto tra logica e scienze dove le leggi e l’evidenza della logica non vanno desunte da procedimenti analitici condotti sulla base delle scienze. Al contrario, se la logica è rettamente intesa, ad essa devono potersi ricondurre il concetto di scientificità in generale. Bisogna allora conquistare una nuova prospettiva della soggettività operante e della conoscenza che illustri senza pregiudizi e teorie preformate come può l’esperienza, che è coscienza, dare o incontrare un oggetto.

Ora, un primo passo, ad avviso di James, è proprio quello di liberare l’analisi introspettiva, tipica della vita psichica e della sua analisi psicologica, dalla confusione che si può attuare tra la descrizione di un oggetto e l’esperienza che ne abbiamo. Infatti chiamando i nostri pensieri col nome del loro oggetto, molti credono che i pensieri debbono rispecchiare gli oggetti corrispondenti. Il pensiero di cose distinte deve consistere in molti pensieri parziali, o “idee” di un oggetto astratto o universale può essere soltanto astratto un’idea astratta o universale.

In questo modo lo stesso James ribadisce la costatazione dei valori di contesto e la temporalità dei vissuti, di quel loro appartenere sempre a un flusso che si costituisce nella coscienza manifestandosi poi in quei nessi che legano gli uni agli altri questi stessi vissuti, ricordando che per il maestro Husserl quando parliamo di vissuti intendiamo i ricordi, le percezioni, le fantasie; questi ad esempio saranno posti nella categoria husserliana detta noesi, (il cogitare), cioè il complesso di quegli atti intenzionali che mirano verso l ‘oggetto esperito e la sua comprensione per afferrarne i caratteri e gli strati di cui è composto l’oggetto stesso,  mentre sarà definito noema il ricordato, il percepito, l’immaginato,  ( cogitatum) cioè il dato oggettivo, ciò che viene percepito o immaginato nell’esperienza vissuta e che mai  va confuso con l’oggetto stesso.

Ad esempio, l’albero che io percepisco è l’oggetto, il noema solo il correlato, il senso che esso ha per il soggetto in cui si incontrano componenti reali e irreali,  ponendo così un rapporto fra vissuto e oggetto.

A pagina 98 Husserl  distingue anche fra adombramento e adombrato, il primo è un vissuto separato dalla figura che si manifesta, cioè l’adombrato:

<< Bisogna tener ben presente che i dati sensibili, i quali esplicano la funzione di adombramenti di colore, levigatezza, di figura, ecc. devono essere sempre rigorosamente tenuti distinti dal colore, dalla figura, dalla levigatezza e da tutte le specie di momenti cosali. >>

In questa distinzione rilevata da tutti fenomenologi e dalla stessa Stein nel suo scritto sull’empatia, prende piede il concetto di ri-presentazione che ci aiuta a capire la “non originarietà” di un vissuto della coscienza. Infatti come nel caso del ricordo, dell’aspettazione e della fantasia, l’oggetto non è presente in “carne e ossa”  e per questo è detto non originario avendo così carattere di ri-presentazione; qualcosa di analogo accade per l’atto empatico, dice la Stein, in quanto attraverso tale ri-presentazione si attua il  coglimento dell’essere umano, che si manifesta in una particolare dialettica di appartenenza/estraneità, per cui è simile a me, ma contemporaneamente altro da me, alter-ego; ma nell’atto empatico, scrive Edith Stein, non si avrà la ri-presentazione di un mio stato d’animo, bensì la ri-presentazione dello stato d’animo estraneo, così la Stein distingue, a sua volta, fra il ricordo, la fantasia e il vissuto intersoggettivo che si può sperimentare nell’atto empatico aprendo la strada all’incontro con l’alterità: il diverso da me.

Su questo doppio binario, Edith Stein riferendosi all’opera del maestro, Idee I, pone a confronto il vissuto dell’empatia e lo distingue dal ricordo o dalla fantasia, definendo l’empatia, ( argomento solo sfiorato da Husserl in Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica e definita come enteropatia) come quell’atto e quel vissuto che davvero ci relaziona al mondo della vita (Leib) di cui parla Husserl, poiché è quell’atto della coscienza che ci fa uscire fuori da noi stessi e ci fa cogliere ciò che accade nell’estraneità senza interferire in essa.

Questo è l’intento di fondo dell’opera  Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica di Husserl e su questa strada s’incammina l’esperienza di Edith Stein dispiegata nel suo percorso di fenomenologa e nel suo tragitto esistenziale.

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Testi di riferimento:

La fenomenologia, di Costa Vincenzo, Elio Franzini, Paolo Spinacci, ed. Piccola Bibioteca, Enaudi.

Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, di Edmund Husserl, volume I, ed. Einaudi.

Il problema dell’empatia, Edith Stein, di Elio Costantini e Erika Schulze Costantini, ed. Studium.

L’Idea della fenomenologia, Carlo Sini, Laterza, 1997.

Note:

[1] Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Introduzione.

[2] Husserl, L’idea della fenomenologia, Carlo Sini, Roma, Laterza,1997.

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Comment da Maria Pirozzi - 9 settembre 2015 alle 16:59

A mio avviso la novità ‘ piu’ bella del pensiero di Husse r l (che poi credo sia anche l’affermazione chiave della corrente fenomenologica) sta nel ritenere che la realta’ e’ solo uno dei TANTI modi tramite cui soggetto e oggetto entrano in relazione. Husse r l in questo modo mette sullo stesso piano la realta’, la fantasia , il ricordo, l’immaginazione. ..un evento immaginato con gioia o con dolore, con speranza o con paura, acquista esattamente li stesso valore di un evento vissuto. Io ci vedo (ovviamente non era intenzione di Husserl) una difesa dell’attività di poeta o di scrittore di romanzi…pensiamo ci bene quando siamo immersi nella lettura di un libro o di una poesia che amiamo che importa se la poesia o il racconto sia semplicemente il frutto della fantasia del poeta o dello scrittore? Noi viviamo con loro le emozioni che ci trasmettono anzi ci sentiamo molto più vivi, molto più propensi a credere che la nostra delicata esistenza abbia un senso piuttosto che quando abbiamo a che fare con la realtà che a volte coi suoi eventi dolorosi o deludenti può farci perdere quella che io chiamo “motivazione emozionale”. E allora vorremmo ringraziare di persona quel poeta o quello scrittore che ci ha aperto seppure per un breve spazio temporale una piccola finestra da cui scorgere il sole.

Comment da Maria Pirozzi - 9 settembre 2015 alle 17:01

Correggo al terzo rigo “la realta sia” non “la realta e'”