La letteratura marginale-periferica nel Brasile contemporaneo
13/05/2017 blog

di Consuelo Peruzzo

I termini “marginale” o “periferico” inglobano una produzione letteraria del Brasile contemporaneo, originata nello spazio della “neofavela”, termine usato da Paulo Lins nel libro Cidade de Deus (che raggiunse successivamente la popolarità con l’omonimo film), per descrivere la nuova configurazione della favela, con l’entrata del traffico di droga e del crimine organizzato:

Qui, ora, una favela, la neofavela di cemento, armata di strade senza uscita e di traffico di droga, di sinistri silenziosi, nelle grida disperate, nel correre per le viuzze e nell’indecisione degli incroci. (Lins, 1997 p. 16)[1]

La letteratura marginale ha come caratteristica principale quella di essere una voce collettiva che promette di raccontare e scrivere la propria esperienza e così facendo arrivare nei morros (colline), dove fino ad ora si producevano solo il samba, la capoeira, l’arte corporale, così distanti dalle abilità intellettuali tipiche dell’arte prodotta nei saloni nobili.

Il termine marginal indica la non accettazione di valori predominanti nella società e accettati dalla massa e in questo senso, marginali sono le produzioni che affrontano e rompono con le norme e i paradigmi estetici vigenti.

L’espressione “letteratura marginale” iniziò a diffondersi nella stampa e nel senso comune negli anni Settanta del secolo scorso, in piena dittatura militare, perché si crearono dei circuiti di produzione e divulgazione alternativi o “marginali” rispettivamente nel teatro, nella musica, nel cinema e nella letteratura.

I protagonisti di questo nuovo movimento letterario erano studenti di università pubbliche, appartenenti alla classe media e legati ad attività cinematografiche, teatrali e musicali; la loro produzione artistica era sovvenzionata da amici, artisti e famigliari appartenenti alla classe media e la vendita avveniva nelle università, nei bar e nei cinema contrapponendosi alle forme commerciali di produzione e circolazione della letteratura che rispettava il sistema rigoroso stabilito dalle grandi case editrici. Secondo la sociologa Heloisa Buarque de Hollanda:

Cominciano a proliferare libretti che sono passati di mano in mano, venduti alle porte dei cinema, musei e teatri. Più che il valore poetico in voga, sono portatori di una nuova sovversione dei canoni tradizionali della produzione, dell’edizione e della distribuzione della letteratura. Gli autori vanno in tipografia, accompagnano il processo di stampa dei libri e vendono personalmente il prodotto ai lettori (Hollanda, 2004, p. 108).

I lettori stessi di queste opere appartenevano alla stessa classe sociale degli scrittori. Tale movimento proponeva un cambiamento nelle pratiche culturali, nei modi di concepire la cultura al di fuori dei parametri seri ed eruditi, creando un’alternativa e non un’opposizione. Il cambiamento principale proposto era il qui e ora, la valorizzazione del presente, il modo in cui il quotidiano passa ad essere arte e il catturare le situazioni nel momento in cui stanno accadendo, sentimenti vivi e provati. Questa valorizzazione del quotidiano, rifiutava le “forme serie di conoscenza” (Hollanda, 2004, p. 111) e criticava e sviliva l’universalità e il rigore dei linguaggi tecnici, scientifici e intellettuali. Cresceva una diffidenza verso il linguaggio del sistema e del potere e l’adozione di un comportamento critico nei confronti dell’ordine economico e sociale, portava gli individui ad assumere un altro tipo di comportamento, vivendo nuove situazioni ed esperienze di gruppo che rivelavano modi diversi di vivere l’arte e la cultura.

Capiamo dunque che il significato del termine “marginale” coniato dalla generazione ’70 verteva per un modo di vita di soggetti “alternativi”, che si allontano dai canoni comportamentali socialmente accettati.

Il termine “periferico” invece, indica ciò che sta più distante o lontano dal centro, una delimitazione del limite che configura uno spazio o un oggetto. Sul piano urbanistico la periferia rappresenta le regioni lontane dal centro e popolate, normalmente, dalla popolazione con redditi minimi. Sul piano sociale, la periferia si identifica in uno spazio dove risiede la mano d’opera, marcato dalla violenza e dal mondo del crimine, dove la cultura e l’educazione non sono incentivati.

Alla luce di ciò, possiamo affermare che il termine “marginale” e il termine “periferico” sono concetti collegati che discutono sul significato del luogo in cui nascono e della produzione identitaria attraverso la delimitazione del loro spazio fisico reciprocamente definito.

È però con il nuovo secolo che il movimento conosce una formalizzazione, attraverso la pubblicazione di alcune annate della rivista Caros AmigosLiteratura marginal. Uno dei rappresentanti più significativi è lo scrittore paulista Ferréz (Reginaldo Ferreira da Silva), che in un’intervista del 2004 parla così della sua esperienza:

Quando presentai Capão Pecado [il suo primo romanzo, N.d.R.], mi chiesero a quale movimento appartenessi, se ero modernista, della avanguardie.(…) Io non ero nulla, appartenevo solo all’hip hop. In quel periodo (…) conobbi la parola marginale. Pensai che era adatta a ciò che facevo perché io appartenevo alla letteratura che rimane al margine del fiume e mi hanno sempre chiamato marginale. Gli altri scrittori erano, per me, dei figli di papà ed io ho iniziato a dire che ero “letteratura marginale”. (Intervista del 20/07/2004. Ferréz, apud Nascimento, 2006, p. 15).

È lo stesso Ferréz a firmare il Manifesto de abertura, nel 2001, di cui presentiamo alcuni passaggi notevoli.

Il significato di ciò che oggi collochiamo nelle vostre mani, non è nulla di più che la realizzazione di un sogno che infelicemente non è stato vissuto da centinaia di scrittori marginalizzati di questo paese. Al contrario del bandeirante [esploratore dell’epoca coloniale, N.d.A.] che avanzava con le mani sporche di sangue nel nostro territorio e ottenne con la forza la vera fede, indottrinando i nostri antenati índios, e al contrario dei signori delle grandi case che schiavizzarono i nostri fratelli africani e tentarono di dominare ed eliminare la cultura di un popolo massacrato ma non vinto. Una cosa è certa: bruciarono i nostri documenti, mentirono sulla nostra storia, uccisero i nostri antenati. Un’altra cosa è certa: mentiranno in futuro, nasconderanno e bruceranno tutto ciò che comprova che la periferia ha fatto arte. (Ferréz, 2001).

Per la prima volta vengono pubblicati in una rivista già popolare dei testi scritti da un gruppo di scrittori appartenenti alla periferia, una fondamentale strategia per la divulgazione di questo nuovo movimento. Oltre ai testi presentati dagli autori, i discorsi espressi nel manifesto contribuiscono all’autocritica e alla definizione del pensiero che permettono alla letteratura marginale di diventare un movimento proprio e specifico. Le pubblicazioni hanno la funzione di preservare la memoria e la cultura che non incontrano  spazio nei discorsi egemonici che cercano di spegnere questi riferimenti marginali:

Scagliando contro la massificazione che domina e aliena sempre di più i così chiamati da loro “esclusi sociali” e per certificarci che il popolo della periferia/favela/ghetto abbia la sua collocazione nella storia e non rimanga più per altri 500 anni confinato nel limbo culturale di un paese che prova disgusto della sua propria cultura, la rivista Caros Amigos – Literatura Marginal è nata per rappresentare l’autenticità della cultura di un popolo composto dalla minoranza, ma che nel suo totale è una maggioranza. (Ferréz, ivi)

Storicamente, nell’ambito artistico-letterario, la pubblicazione di un manifesto rappresenta un momento di rottura con il passato e il presente, decantando la novità e la nuova proposta che ci si impegna ad affermare. È l’atto che dà inizio ad una rivoluzione, mettendo in scena nuovi contenuti, nuovi linguaggi e nuove tecniche. Qui invece, siamo dinanzi ad un movimento che non pretende rompere con la tradizione letteraria brasiliana, non pretende eliminare tutto ciò che è stato fatto; ciò che tali scrittori pretendono, è avere una voce, potere affermare la loro presenza, poter dar voce ai loro attori sociali, affiancandosi agli altri modi di fare letteratura. Non si tratta di un movimento marginale che vuole riprendere vita a partire dal significato impostosi negli anni Settanta, ma di un movimento marginale-periferico: è attraverso l’associazione di questi due termini che si crea il nuovo.

Gli scrittori che si identificano in questo movimento sono tutti nati, vissuti e ancora oggi residenti nella periferia urbana della città di San Paolo. La maggior parte, oltre ad essere scrittori, sono attivisti sociali e politici, educatori o professori, o appartenenti al movimento hip-hop.

I protagonisti dei loro romanzi, racconti, poesie sono abitanti della periferia, sono persone reali messe a tacere da tutti per tanto tempo. Si narra la vita e la quotidianità della classe popolare periferica relazionata ai problemi sociali come la violenza, la precarietà delle infrastrutture, la mancanza di attività culturali e di beni per permettere la diffusione della cultura e dell’insegnamento. Il testo rappresenta un atto per intervenire e partecipare alla vita della comunità dove nasce e circola. Perciò non si tratta solo di essere inserito in uno spazio letterario, ma di utilizzare la letteratura come mezzo di un discorso che persegue una rappresentanza politica a favore di un gruppo silenziato. Si tratta di demolire le barriere che rendono invisibile e operano la negazione della cultura prodotta dagli “esclusi sociali”.

Siamo per strada, siamo nella favela, nel campo, nel bar, nei viadotti, e siamo marginali, ma prima siamo letteratura, e ciò potete negarlo, potete chiudere gli occhi, girare le spalle, ma come ho già affermato, continueremo qui, così come continua il muro sociale invisibile che divide questo paese. (Ferréz, ivi)

Una riproduzione minuziosa del linguaggio parlato, che utilizza espressioni, abbreviazioni e termini specifici della periferia urbana, distruggendo così la norma colta della lingua, rende la lettura un po’ più difficoltosa per chi vive al di fuori di questo ambiente. Si tratta spesso di un linguaggio violento, volgare che permette la fedele riproduzione della violenza e di ogni altro problema caratteristico della periferia. Da parte degli scrittori, d’altra parte, è evidente l’orgoglio di appartenenza. Tutte queste singoli voci sono racchiuse in una voce collettiva che cerca di elevarsi unita: esse rivendicano la loro presenza ed esistenza, instaurano rapporti di fratellanza e rispetto per i reciproci lavori ed azioni sociali, si cercano a vicenda nella propaganda culturale. Marcano la differenza tra un “noi”, inteso come collettivo marginale-periferico, e un “loro”, inteso come popolo esterno che non entra e si identifica nel loro gruppo.

Dal 2001 ad oggi, questo movimento è cresciuto e si è ampliato. Molte scrittrici della periferia sono riuscite ad incontrare il loro posto, perché un’altra caratteristica importante è la non discriminazione di razza e genere. Ciò che questo movimento si promette di fare è di non rimanere più ai “margini”, e ci sta riuscendo attraverso la diffusione di libri e di eventi culturali. La visibilità degli scrittori permette direttamente la visibilità di questa classe, per troppo tempo ai margini di un sistema sociale, ma che rappresenta una buona parte della popolazione brasiliana.

BIBLIOGRAFIA

HOLLANDA, Heloísa. Impressões de viagem: CPC, vanguarda e desbunde: 1960/70. Rio de Janeiro: Aeroplano, 2004. Disponibile su: http://www.heloisabuarquedehollanda.com.br

LINS, Paulo. Cidade de Deus. São Paulo: Companhia das Letras, 1997.

NASCIMENTO, Erica Peçanha do. Vozes marginais na literatura. Rio de Janeiro: Aeroplano, 2009.

NASCIMENTO, Erica Peçanha do. “Literatura marginal”: os escritores da periferia entram em cena. Relazione finale Università di São Paulo, Facoltà di Filosofia, Lettere e Scienze Umane, 2006.

OLIVEIRA, Rejane Pivetta, 2011. Literatura marginal: questionamentos à teoria literária. Ipotesi, Juiz de Fora, v.15, n.2 – Especial, p. 31-39, jul./dez. 2011. Disponibile su: http://www.ufjf.br/revistaipotesi/files/2011/05/7-Literatura.pdf

 

SITOGRAFIA

FERREZ, Manifesto de abertura: Literatura Marginal. Dicembre 2006. Disponibile su: http://editoraliteraturamarginal.blogspot.pt/2006/12/manifesto-de-abertura-do-livro.html

FERREZ, Manifesto de abertura: Literatura Marginal. Ottobre 2006. Disponibile su: http://editoraliteraturamarginal.blogspot.pt/2006/10/literatura-marginal.html

[1] Tutte le citazioni presenti in quest’articolo sono state tradotte da me.

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