Dall’inquietudine al genio: un’analisi dell’uomo interiore ai tempi del Romanticismo
09/11/2015 blog

di Maria Pirozzi

Il termine romantic compare per la prima volta in Inghilterra nel Seicento e viene usato in senso dispregiativo per indicare la dimensione dell’assurdo e del fantastico che regnava nei romanzi cavallereschi.

A partire dal Settecento questo termine inizia a perdere il significato dispregiativo e viene usato per indicare semplicemente “ciò che diletta l’immaginazione”. Sarà solo negli ultimi anni del secolo che romantic verrà usato con la finalità di descrivere lo stato d’animo di un determinato poeta, scrittore e artista in relazione a ciò che prova ed esterna nelle sue opere.

È da questo momento in poi che il Romanticismo, coinvolgendo arte, letteratura, filosofia e poesia diventerà per eccellenza la corrente di pensiero che concentrerà tutta la sua forza dirompente ed impetuosa sull’anima dell’uomo. In poche parole diventerà un vero e proprio pensiero dell’interiorità.

Concentrandosi sull’anima dell’uomo, allora, non potrà prescindere dalla dimensione del sentimento. Quali sentimenti saranno propri dell’epoca romantica?

Prima di tutto quello della lacerazione o alienazione. L’uomo romantico vive in una realtà a cui non sente di appartenere, come se dinanzi ai suoi occhi vedesse costantemente un muro che gli provoca un senso di disagio e di estraniamento dal mondo.

Di più difficile definizione risulta un altro sentimento, quello della nostalgia, che non va intesa etimologicamente come dolore del ritorno. In questo caso infatti non si può fare riferimento a nessun ritorno in quanto non vi è mai stata un’andata. L’uomo soffre invece perché desidera con tutto sé stesso qualcosa che nemmeno lui sa spiegare esattamente. È però ben consapevole del fatto che, se riuscisse a raggiungere questo qualcosa, il suo tormento avrebbe fine e il muro, che si pone ostile ed inesorabile tra lui e la realtà, crollerebbe senza difese.

Ma ciò a cui l’uomo aspira rimane oscuro, ambiguo ed indefinito: di qui la malinconia e l’inquietudine dell’eroe romantico, e il suo isolamento. È lo stato d’animo che i Romantici tedeschi definiscono Sehnsucht, termine difficile da tradurre, che è stato reso come desiderio del desiderio o male del desiderio.

Questo senso di inquietudine pervade l’anima e la spinge a protendersi sempre al di là del luogo e del momento presenti, sentiti come limiti angusti e soffocanti. L’unico modo di mettere a tacere (o almeno di provare a mettere a tacere) tale stato d’animo consiste nel rifugiarsi nell’immaginazione.

Che cosa fa allora l’uomo quando si rifugia in questa dimensione, che rappresenta per lui una vera e propria zattera nel mare in tempesta? Inizia a creare, dando origine a qualcosa di nuovo. Di qui il culto dell’originalità: il poeta deve dire ciò che non è mai stato detto, il suo sentimento ha bisogno di trovare espressione immediata e sincera.

Lo sa bene Immanuel Kant (1724-1804) il filosofo tedesco che attraverso le sue tre Critiche ha rivoluzionato l’ambito della conoscenza, dell’agire morale e del sentire. Generalmente il suo pensiero s’iscrive nella corrente dell’Illuminismo: razionale, rigoroso e scientifico, in netto contrasto con la dimensione inquieta, fantastica e irrazionale del Romanticismo.

Tuttavia il pensiero di Kant, che pure era un uomo molto introverso e “freddo”, non trascura la dimensione del sentimento. Forse semplicemente è incapace di svelarne il lato più “umano”.

La dimensione del sentimento viene da lui indagata nella Critica del giudizio attraverso l’analisi del bello inteso come ciò che produce un sentimento di armonia, di accordo tra l’uomo e la natura. L’arte bella, secondo Kant, è possibile soltanto come prodotto del genio, e il genio altro non è che la disposizione innata dell’animo o talento.

Il talento a sua volta presuppone delle regole, che non possono avere a fondamento un concetto: è la natura stessa, in quanto manifestazione che si dà nell’artista mediante l’armonia delle sue facoltà, a dare le regole all’arte.

Pertanto il genio secondo Kant è il talento di produrre ciò di cui non si può dare una regola determinata; non l’abilità di fare ciò che può essere appreso mediante una regola: le sue caratteristiche sono la spontaneità e l’autenticità.

Kant dunque s’inserisce nella corrente del Romanticismo regalandoci una visione ottimista del rapporto tra l’uomo e la realtà che lo circonda a fronte dell’inquietudine e del malessere proprio di quest’epoca.

Anche ai giorni nostri molti convengono che la creatività è il miglior modo per lenire l’ansia e la depressione. Lo spirito creativo è infatti l’atto stesso della vita, è dentro di noi, qualsiasi cosa facciamo. Il difficile sta nel liberarlo, è vero, ma da parte nostra non deve mai mancare un atteggiamento flessibile e aperto a nuovi orizzonti, sempre accompagnati dalla passione e dalla curiosità.

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Comment da Virginia - 15 novembre 2015 alle 07:42

Un articolo stimolante, che tratta di una ‘corrente’ culturale e letteraria sfuggente, all’inizio quasi indefinibile, ‘materia’ pressoché intrattabile dell’animo umano e della sua inquietudine. Si è accennato ai fermenti culturali in Germania, al Sehnsucht, sicuramente il Romanticismo tedesco ha scritto pagine importanti in quest’epoca di passaggi difficili. Ha interpretato in modo più chiaro gli orizzonti che aprivano a radicali cambiamenti, ad una nuova coscienza, e non solo in ambito culturale. Lo ‘Sturm und drang’, è stata la base di lancio di questi impulsi che fermentavano un pò in tutta Europa, e si esprimevano negli ideali come desiderio di spezzare le catene dell’immobilismo culturale e politico, scientifico e artistico. Il Romanticismo è stato un grandioso ponte che ha deciso ogni svolta proiettata verso il modernismo ed una coscienza più matura, pronta ad affrontare anche i cicloni e gli sconvolgimenti geo-politici e culturali avvenuti nell’ottocento e nei primi decenni del novecento.